lunedì 29 settembre 2014

La storia segreta


La scorsa settimana vi avevo lasciato tra le sfumature gialle dei miei romanzi polizieschi, con uno Sherlock Holmes in sospeso. Probabilmente pensavate che toccasse a lui, ora.
Beh, diciamo che lui era arrivato ad interrompere un altro filo che si inoltrava in altre direzioni: quelle delle letture archeologiche. No, non mi interesso di archeologia, ma vi tedierò, almeno per qualche post, con letture che non sono già più classiche, ma nemmeno moderne (in senso lato).

Avevo da un po' nel mio lettore un paio di volumetti che stavano lì ad aspettare il loro turno.
Il primo era Seneca, con le sue Lettere a Lucilio (scritte tra il 62 e il 65 dC). Il secondo era La storia segreta di Procopio di Cesarea. Ora, sebbene Seneca lo dovete conoscere per forza almeno di nome (quindi sapete bene che si può definire senza remore "classico"), non pretendo lo stesso nei confronti di Procopio di Cesarea. E indovinate quale dei due mi sono andata a leggere?

Esatto, Procopio.
Aspettate, non andate a google-are subito, vi racconto io chi è questo Procopio. Ma prima dobbiamo ricordarci un po' di storia alto-medievale o tardo-imperiale, o anche bizantina, se preferite, e, più precisamente, la storia delle invasioni barbariche. No, non dal principio, perché, onestamente, degli Unni e di Attila ne ha già parlato tempo fa Piero Angela in un lungo documentario e quello basta. Diciamo a metà strada, un po' dopo la calata dei Goti in Italia e un po' prima della calata dei Longobardi: fine 400 - metà 500.

Ma senza perdere altro tempo, iniziamo a raccontarla, questa storia.

C'era una volta, verso gli inizi inoltrati del VI secolo, l'impero romano d'oriente e sul suo trono sedeva un imperatore di umili origini che aveva sposato una donna anche lei non molto più nobile, visto che era stata, in una vita precedente, una donna del circo. E si sa, a quei tempi lavorare nel circo voleva dire essere una prostitura. I loro nomi erano Giustiniano e Teodora. La storia li ricorda così:


A quel tempo, l'impero d'occidente non se la passava molto bene. O meglio, se la passava discretamente rispetto a quello che sarebbe capitato in un futuro prossimo; ma anche rispetto a prima, considerando che già da un po' la corruzione e le lotte di potere avevano destabilizzato un po' tutta l'Europa occidentale (sì, lo so, all'epoca non esisteva il concetto di Europa. Eppure, per quanto possa sembrare strano, esisteva quello di "italiani", visto che i romani sotto i goti venivano comunemente chiamati da Procopio "italiani" per distinguerli dai romani liberi dell'impero d'oriente. E si potrebbe andare oltre, dicendo che i romani d'oriente venivano chiamati "greci" in senso dispregiativo dai nemici). A regnare in occidente non era più un imperatore romano, ma una serie di re barbari che per un motivo o per un altro erano capitati in Italia, in Spagna, in Gallia, in Africa... insomma, erano un po' dilagati ovunque. Ora, se non siete molto ferrati sul periodo storico, avrete almeno reminiscenze scolastiche che vi parlano di invasioni barbariche nefaste. Ecco, queste invasioni non furono proprio così catastrofiche e i re delle varie etnie barbare erano personaggi spesso cresciuti a Costantinopoli e che quindi conoscevano bene usi e costumi dell'impero, che magari sapevano comportarsi secondo l'etichetta e, soprattutto, che riconoscevano l'autorità dell'imperatore.

Tuttavia, appena salito al trono, Giustiniano decise che  l'impero romano doveva tornare sotto la guida dei romani e iniziò una serie infinita di guerre. Dapprima c'erano i Persiani, gran bei rompiscatole, sempre pronti ad invaderti i territori per motivi futili. Poi c'erano i Vandali in Africa che possedevano un sacco di campi di grano e altre risorse dal grande potenziale, se ben sfruttate dalle mani dell'imperatore; e poi i Goti in Italia, anche loro non proprio morti di fame se si pensa alle terre della Sicilia e del sud, ricche di grano e di vasti terreni agricoli. Piano piano, Giustiniano dichiara guerra a tutti e piano piano si dimostra anche vittorioso. Il generale che porta alla vittoria le tre campagne di guerra e che fa guadagnare all'imperatore un sacco di terre, tesori e schiavi è Belisario (nel mosaico con Giustiniano, è il personaggio alla destra dell'imperatore, quello alto, belloccio, con la barba). Con Belisario, parte in guerra anche un suo segretario che ha il compito di consigliere, ma anche di cronista. Il suo nome è Procopio. Sì, quello a cui accennavo sopra.

Procopio, oltre a dare consigli sensati in caso di impasse, era incaricato anche di scrivere un resoconto delle guerre condotte da Belisario (contro i persiani, contro i vandali e contro i goti); in più, successivamente, egli si premura anche di compilare un catalogo di tutte le costruzioni (palazzi e chiese) fatte erigere sotto l'impero di Giustiniano e un libricino chiamato La storia segreta.

Come storico, Procopio si dimostra un lucido ed equilibrato cronista. A parte la scrittura piacevole, il suo sguardo sugli avvenimenti delle guerre non cade mai nell'invettiva contro i barbari o nell'esaltazione partigiana dei suoi. Riconosce meriti ovunque li veda, che sia in campo amico o che sia in campo nemico e, allo stesso modo, giudica gli errori del nemico così come quelle del nemico.
Probabilmente, questo atteggiamento super partes non fu molto gradito all'imperatore. Caspita, stiamo esaltando la potenza vittoriosa dell'impero contro una banda di ridicoli barbari baffoni. Perché, allora, sottolineare le magagne interne dell'esercito, con le varie "incomprensioni" (leggi rivalità, quando non proprio insubordinazione) dei vari generali?
A questo punto, Procopio cerca di rimediare. No, non modifica le sue storie delle guerre, ma scrive Sugli edifici, l'opera che passa in rassegna le costruzioni volute da Giustiniano in tutto l'impero. Questo catalogo diventa, allora, il mezzo per esaltare la bontà e l'accortezza dell'imperatore.

L'ultimo lavoro di Procopio, Anektoda o La storia segreta, si discosta così tanto dai toni imparziali delle guerre o da quelli encomiastici sugli edifici che spesso ci si è chiesti se potesse davvero essere opera dello stesso Procopio. Alla fine, gli studiosi si sono risposti che sì, deve esserne per forza lui l'autore, perché quanti storici del tempo si potevano trovare nella stessa posizione che permettesse loro di osservare da vicino vita di corte, intrighi di palazzo, situazione dell'esercito nelle varie campagne e situazione delle terre conquistate, per non parlare dei retroscena della carriera del generale Belisario? Mhh... in effetti solo uno: Procopio stesso.

Frontespizio della Storia segreta
in un'edizione cinquecentesca.
Immagine da Wikipedia.
La storia segreta parla di tutte quelle cose lì con un tono schietto, a volte persino esacerbato, svergognando l'imperatore, l'imperatrice e il grande generale. La cosa che stupisce maggiormente, e non solo me, sono i toni talmente inviperiti che spesso ci si dice che quello che parla è un uomo rancoroso, che cerca vendetta attraverso la diffamazione.
Belisario, il generale che ha sconfitto ben tre regni, diventa un pavido che subisce le malie di una moglie fedigrafa; Giustiniano è addirittura un demone (uno di quelli veri, con tanto di esempi che lo confermerebbero) intento solo all'arricchimento personale (le guerre sono solo un modo per rimpinguare le sue tasche, non quelle dell'impero) e allo spargimento di sangue: qualsiasi mezzo per ottenere questi due scopi è lecito. Teodora viene descritta come una prostituta libidinosa sin dall'infanzia, che sposa l'imperatore essendo ben consapevole della sua natura demoniaca e che si dimostra ancora più crudele del consorte, usando gli stessi metodi di lui caricati di una ferocia impacabile.

 I fatti narrati a sostegno di questo dipinto poco felice dei regnanti sono molti. Alcuni non si ha difficoltà ad accettarli come veri. Altri ti lasciano riflettere. Ti portano a chiederti se sia mai possibile che l'intento dell'imperatore fosse semplicemente quello di uccidere più sudditi possibili per il solo gusto del sangue o accumulare più denaro nelle sue tasche per poi spenderlo in edifici sparsi per l'impero.

Che Procopio avesse subìto un grave torto dall'imperatore e che per vendetta avesse architettato di tramandare ai posteri un suo ritratto non proprio esaltante? Una specie di damnatio memoriae.
Sinceramente, non posso sostenere che molti dei fatti raccontati da Procopio siano inventati: altre fonti parlano chiaro e concordano con le accuse apportate al governo dell'imperatore Giustiniano. Tuttavia, lo sfogo dello storico sembra privo di quella lucidità che pervade le guerre e uno si chiede, suo malgrado: quale torto può aver mai subito, il nostro Procopio, dall'imperatore?

E a questo punto, ancora una domanda mi sorge spontanea: quanto una storia vera può essere fiction a sua volta? Del resto, non è forse vero che la storia viene scritta dai vincitori? E Procopio, in un certo senso, è il vincitore, colui che ha il potere della penna, il potere, cioè, di ritrasformare la storia secondo il suo punto di vista.
Il depositario della memoria storica: è lui il vero vincitore, alla fine. Perché è lui che fa la storia per coloro che verranno.



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