giovedì 30 gennaio 2014

Nel dedalo del romanzo gotico



Eccoci qui. Esaurito almeno per ora l'argomento Montecristo, ho ancora il romanzo gotico da sfruttare. E siccome sembra essere un argomento infinito, prevedo di perderci ancora un po' di stacchetti prima di leggicchiare altrove.

Ma prima di passare a letture vere, un piccolo dilemma mi frena.

Chiacchierando delle mie letture con mio marito, mi ha sorpreso sentirgli dire che lui non saprebbe ben definire il romanzo gotico: quali sono i suoi tratti caratteristici?

Illustrazione de The castle of Otranto, via eng366
In effetti, anch'io, pur avendo un penchant per il genere e riconoscendo un generico fenotipo, trovo difficoltà ad identificare così, sui due piedi, una linea che colleghi cristallinamente romanzi come Il castello d'Otranto, Frankenstein o Lo strano caso del Dott. Jekill e Mr Hyde.

Ed allora, come sempre, mi sono messa alla ricerca sul web, grande risorsa di articoli copia-incollati che raramente svela l'arcano, ma che comunque qualche input lo dà.

Vi rivelerò che, sui due piedi,
non sono riuscita a trovare nessun elemento sostanziale che caratterizzasse il genere in modo esauriente. Anzi, spesso le definizioni si smentiscono a vicenda.

Qualche esempio.

La datazione del fenomeno letterario, in genere, include il periodo che va dal 1764 (Il castello d'Otranto) fino al 1820, salvo poi slittare a volte fino al 1830 ed altre fino a Dracula (1897) e oltre.


Frankenstein, film del 1931
Un "male" generico, visioni, profezie, morte, atmosfere di castelli e abazie, donzelle in pericolo, il cattivo che minaccia la donzella, sono tutti ingredienti che è opinione comune caratterizzino il genere; salvo poi notare che la donzella nei primi gotici era a volte un ragazzo, le visioni di spiriti del primo periodo sono diventati vampiri e mostri vari nei periodi successivi, gli ambienti variano da castelli e manieri fino a diventare salotti e laboratori di scienziati, per non parlare dei periodi storici in cui sono ambientati, che spaziano dal medioevo alla contemporaneità. Senza contare, poi, Ann Radcliffe, colei che viene presa come caposaldo del genere, pur non avendo mai creato nemmeno un fantasma. E allora?

Allora, dopo qualche felice ritrovamento e un po' di scervellamento, forse ho capito. C'è qualcosa che potrebbe essere considerato il comun denominatore dei romanzi gotici. Ma prima di procedere, un paio di note.

 
Dr Jekill e Mr Hyde, film del 1931
Mettendo le mani avanti, premetto di non aver letto per intero la bibliografia gotica. Del resto sarebbe un'impresa titanica. Ma diciamo pure che non sono riuscita nemmeno a rileggermi Dracula o Lo strano caso del dottor Jekill e Mr Hyde, divorati in età giovanile. E, svergognandomi fino in fondo, ammetto di non aver mai letto, nemmeno in tempi remoti, Frankenstein. Ho visto il film, quello del 1994 che dovrebbe essere abbastanza fedele, ma non credo che possa valere nemmeno da surrogato, vero?

Ecco su quale terreno si basano le mie considerazioni. Siate quindi clementi nel giudicare la mia analisi.

E ancora, visto che mi sono subìta un paio di polpettoni proprio per far onore al mio caro Walpole, riprendo di sfuggita Il Castello d'Otranto per parlare della sua ricezione, anticipando che mi sarà utile per calibrare il tiro e raggiungere poi una mia definizione.

Ma siccome non vorrei sembrare troppo precipitosa, per oggi chiudo qui. Un po' di suspance non può che far bene, soprattutto al procedere delle mie letture.



domenica 26 gennaio 2014

Stacchetto hollywoodiano



Locandina di Monte Cristo del 1908
Non ci crederete mai, ma lo sapete quale è stato il primo film ad essere girato a Hollywood? Montecristo!
Film muto del 1908, girato dalla Selig Polyscope Company in un posto non ben precisato della California del sud unanimamente identificato con Hollywood. Naturalmente all'epoca non vi erano studios e nemmeno fabbricati.

La storia narra che mentre gli interni venivano girati a Chicago, un piccolo gruppo formato dal regista-attore Francis Boggs e dall'assistente-regista-cameramen-tuttofare Persons si recò sulla West Coast per cercare una location adatta alle scene degli esterni ed, in particolare, alla scena del naufragio. E qui la leggenda ha oscurato la storia e mai sapremo come sono andati realmente i fatti. Perché alcuni dicono che questi due crearono i primi studios a Los Angeles. Ma da altri racconti sembra che in verità vi abbiamo solo girato il naufragio.

Il racconto più accreditato parla di Boggs e Persons che, arrivati a Los Angeles, assumono un'ipnotista squattrinato per fare la parte di Edmond Dantès risorto dalle acque dopo la fuga rocambolesca dal Castello d'If. Gli mettono in testa una parrucca e una barbona bianca e buttano il malcapitato nell'oceano, con cavalloni che rischiano di far affogare davvero il poveraccio. E qui, leggenda vuole che mentre un'onda gigante si stava per portare via il povero ipnotista, Persons grida a Boggs che quella parrucca gli era costata ben 10 dollari di cauzione e corre in acqua per cercare di salvare l'oggetto prezioso. Boggs lo segue da vicino. Incidentalmente, visto che erano lì, i due si ritrovano a salvare anche la controfigura.

Scena da Monte Cristo, preso da qui.



Una seconda versione, invece, parla di un tizio assoldato a La Jolla come controfigura, cosa che farebbe nascere qualche dubbio sul legame tra il primo film sul Conte di Montecristo e la nascita di Hollywood. Infatti, La Jolla si trova più vicino a San Diego, in tutto un paio di orette da Hollywood. 

Ma, alla fine, poco importa dove sia stato veramente girato Il conte. L'aneddoto è simpatico comunque e degno di nota, non trovate? : D

Se ne volete sapere di più, lo trovate raccontato meglio qui, sul sito di william m drew.



mercoledì 22 gennaio 2014

Cosa c'è in Tv, stasera?


Ma naturalmente Montecristo!

Di versioni ce ne sono tante. Ma quella squisitamente italiana è stata mandata in onda nel 1966 in otto episodi. Regia di Edmo Fenoglio, rende celebre Andrea Giordana nel ruolo del Conte.


Andrea Giordana ne Il conte di Montecristo; foto da Wiki

Io non so se posso, ma nel dubbio io oso e vi mando il link al sito in cui ci sono tutti e otto gli episodi.

Oggi toccata e fuga, ma vi lascio un bel po' di cose con cui passare il tempo che purtroppo io non riesco a dedicarvi.

A presto.


domenica 19 gennaio 2014

Musica di Montecristo



Anche Vecchioni, sì, anche lui, ha letto e "rifatto" Montecristo!




Eccola qui, la sua Montecristo del 1980. In verità, tutto l'album si chiama così.

Purtroppo non sono riuscita a caricare una versione con qualche immagine, ma per farmi perdonare metto la foto di copertina.



 

E poi vi copio anche il testo.



Montecristo
Visto dall'alto mi sembrava un paradiso in mezzo a quei sentieri
Di tutto mi aspettavo tranne che una spiaggia di carabinieri
Ci han chiuso dentro tutti tranne l'avvocato
Che si porta a letto la sua scimmia
Chissà in che mari ne ha lanciati di messaggi
Chiusi bene dentro la bottiglia
Sorrido sempre sto aspettando che mi cresca il mio primo dentino
Non apro più gli armadi per non incontrare quelli di torino
Da un po' di tempo c'è al mio posto
Quando viene gente un manichino di cartone
Così lui ascolta gli altri e io mi posso
Dedicare in pace alla masturbazione

Montecristo Montecristo Montecristo...

Il tuo ritratto me lo tengo stretto stretto con la mano sopra il cuore
0 grande amore solo amore per fortuna mio finito amore
Nella mia cella non si stava tanto male
C'era il frigo con le noccíoline
Ed ogni tanto mi veniva a visitare per studiarmi
Un gruppo di bambine


Hanno sparato cento volte in cento posti ad ottime persone
Sinceramente non mi ha mai colto una crisi di disperazione
Sono sconvolto dagli insetti
Che continuano a far figli tutti a casa mia
Per non parlare della piccola cinese
Che mi ha dato solo un bacio e via


Montecristo Montecristo Montecristo...

Oggi ho scavato un buco che non porta in nessun posto come ieri
Ho messo sotto terra il frigorifero ed un po' dei tuoi pensieri
Le ballerine di provincia ballano
Due volte al giorno senza fantasia
E tu mi vieni a dire che quel rosso
Nei miei occhi è stata solo malattia


Il vento non ha mai sfiorato i tuoi capelli
(che sciocchezza è questa?!?)

Al vento, s'è un po' serio, certe idee non vengono neanche in testa
E il vecchio intanto mi diceva:
"fuggi dentro il sacco, fuggi, questa è una prigione"
e il vecchio mi diceva: "fuggi che ti faccio ricco
questa si ch'è un'occasione!"


Montecristo Montecristo Montecristo...

Ok, anche lui non è proprio uno che si lascia decifrare linearmente. Vuoi vedere che si è lasciato ispirare un po' da Calvino, oltre che da Dumas?

giovedì 16 gennaio 2014

Calvino e Montecristo



È classico ciò che persiste come rumore di fondo anche laddove l'attualità più incompatibile fa da padrona.

Italo Calvino,
Perché leggere i classici

Anche Italo Calvino ha ripreso il Conte di Montecristo e ci ha scritto un racconto.
Lo troviamo nella raccolta di racconti Ti con Zero del 1967. È proprio l'ultimo, messo lì in fondo dopo averci raccontato di "pseudo-primitivi-quasi-extraterrestri" nello spazio e nel tempo, di evoluzioni mitocondriache, di parabolici percorsi labirintici  fisici e mentali e di altre amenità bizzarre che odorano parecchio di anni '70, ma non solo.

Copertina de Saggi di Italo Calvino,
edizione Mondadori

Calvino è difficile. Leggendolo si ha spesso la sensazione di non avere le basi per capirlo. E quando uno tenta di farsele, quelle basi, si rende conto che non se le può permettere, perché per andare a leggere i suoi saggi o sborsa 102  euro (e c'è pure il 15% di sconto!) per l'edizione cartacea di 2771 pagine, oppure cerca di trovare un senso passando per una lingua straniera (inglese) di un'edizione e-book. Ultima possibilità, tuffarsi nel volume spropositato di lavori critici che ha come soggetto la sua poetica e produzione.
Siccome ricca non sono, di spaccarmi la testa su una materia già prevedibilmente complicata in una lingua non mia, per quanto familiare, mi sembra una perdita di tempo e di andarmi a fidare di riassunti trovati sulla rete o di lavoroni accademici che mi rimandano a cose non controllabili non se ne parla, alzo le mani e taccio.

Taccio sul tentativo di ricondurre la storia del Montecristo di Calvino alla poetica poliedrica dell'autore e a tutto quello che c'è dietro. Ma come non parlare del racconto in sé?

Anche Calvino è affascinato principalmente dalla prigionia di Dantès. Ma sebbene parta come il racconto del prigioniero nel castello d'If, la narrazione assume presto varie prospettive, si contorce e ritorce intorno a Dantès-Faria, Dantès-Faria-Napoleone, Dantès-Faria-Napoleone-Dumas, in una complicata costruzione-decostruzione dell'io tra passato e futuro, presente e assente, sospeso tra luogo dell'azione e dell'inazione. Come si risolve questa caotica strutturazione di esseri dall'identità diversa, ma anche simile, che poi è sempre lo stesso?

Mah...

Bisogna leggerlo e dimenticarselo e poi rileggerlo ancora per capirlo. Lo rileggerò, prometto. Intanto l'ho già dimenticato, e quindi sto a buon punto.

Non ci avete capito nulla, vero? Eh, siamo in compagnia allora!
Se invece siete uno di quei secchioni (senza offesa!!!!) che ci hanno capito di più, se volete, potete anche provare ad aprire un varco nell'ermetico. Io ascolto volentieri. : )



lunedì 13 gennaio 2014

Stacchetto canottiero



Lo sapevate che a Cambridge, gli studenti della famosa università omonima non si dedicano solo ad attività teatrali e comiche (vedi i Footlights di Fry, Laurie ed Emma Thompson degli esordi), ma anche al canottaggio?
E chi sono gli acerrimi nemici della squadra di canottaggio di Cambridge?

Ma naturalmente la squadra di canottaggio di Oxford, che ogni anno si ritrova a sfidare la sua acerrima nemica alla Boat Race più famosa d'Inghilterra, se non del mondo. Ho esagerato? Un pochino. Diciamo che è la più conosciuta dalla sottoscritta.

In ogni caso, gli equipaggi delle due squadre, composti da otto vogatori e un timoniere, si incontrano e scontrano sul Tamigi per percorrere un po' più di sei chilometri e mezzo. E questo accade regolarmente ogni anno fin dal 1856, anche se in verità la prima gara è stata disputata già nel 1829.

Anche se non ne capisco nulla di canottaggio, io adoro le tradizioni e così, se mai mi capiterà di rimettere piede su suolo inglese, penso proprio che potrei farci un pensierino e ritrovarmi sul Tamigi e sgolarmi come un'invasata. Per il Cambridge, naturalmente.

A proposito, lo sapete chi ha fatto parte dell'equipaggio di Cambridge negli ultimi anni '70? 


Hugh Laurie in allenamento con l'equipaggio di Cambridge, 1980.




Eggià, ancora lui! Dr House! :D




venerdì 10 gennaio 2014

Il romanzo di Dr House



  
Foto da handson.provocateuse
Eggià, anche Hugh Laurie scrive un romanzo: The gun Seller, pubblicato nel 1996.

Devo essere onesta, l'ho letto per la prima volta un annetto fa e di tutto il romanzo ricordavo ben poco: un inizio sottosopra che mi ha intrigato, una battuta finale che mi ha fatto ridere (e già questo dimostra secondo me che il romanzo vale la pena di essere letto, anche se a tempo perso) e una prima persona piacevole da seguire.

Potevo scrivere un post con questi magri spunti? Certo che no! E allora me lo sono andata a rileggere con più attenzione.
Diciamolo, credo che la vena artistica di Hugh Laurie non trovi il suo apice nella sua produzione letteraria, che tra le altre cose si riduce a questo romanzo; tuttavia possiamo dire che ne riflette le caratteristiche. Il suo punto di forza è l'ironia, lo humor del personaggio narratore. Le battute, il modo in cui racconta il mondo e i fatti che gli accadono sono l'essenza del romanzo, non la trama che uno può facilmente dimenticare.


Copertina della prima edizione, 1996.
Io, solitamente, non apprezzo eccessivamente il racconto in prima persona.  A meno che non sia un diario (genere che non mi entusiasma), la trovo abbastanza riduttiva, difficile da manipolare. Bisogna essere bravi per scrivere un thriller in prima persona. Laurie... ebbene, lui non è un genio letterario, questo è vero.
Lo dimostra il fatto che quelle rare volte che riporta monologhi di personaggi secondari ci mette quello humor che caratterizza totalmente la voce narrante, anche se stemperandolo. Badate bene, non dico che tutti i personaggi assomigliano alla voce narrante, ma solo che parlano a volte con lo stesso registro in sottofondo. E questo può facilmente venire considerato un difetto. Eppure, scegliendo una narrazione in prima persona, che riduce al minimo la necessità di creare più esseri parlanti, Laurie sembra consapevole di questa sua debolezza e la bypassa con intelligenza, al fine di poter sfruttare fino in fondo l'impatto del suo tono umoristico.

Vi riporto un esempio un po' lunghetto, ma che spiega il suo stile e, allo stesso tempo, il mio entusiasmo per l'inizio, quello di cui vi parlavo sopra.

Immaginate di dover rompere un braccio a qualcuno. Quello destro o sinistro, non importa. Il punto è che lo dovete rompere, perché se non lo rompete... beh, neanche questo importa molto. Ora, la mia domanda è questa: lo rompete velocemente - con un colpo secco, ops, spiacente, su, venga qui che la aiuto con quella stecca improvvisata - o la tirate per le lunghe per un buon otto minuti, incrementando di tanto in tanto la pressione nel più minuto dei modi fino a quando il dolore diventa rosa e verde e caldo e freddo e tutto insieme tremendamente insopportabile?
Ecco, esattamente. Certo. La cosa giusta da fare, l'unica cosa da fare, è farla finita il più velocemente possibile. Rompi il braccio, offri da bere, sii un buon cittadino. Non ci possono essere altre risposte.
A meno che.
A meno che a meno che a meno che.
E se invece odiaste la persona all'altro capo del braccio? Intendo dire, lo odiaste tanto, ma tanto.
Questa era una cosa che adesso dovevo considerare. Dico ora, intendendo dire allora, intendendo dire il momento che sto descrivendo; la frazione di momento, oh, così dannatamente frazionale, precendente il raggiungimento del mio polso alla mia nuca e alla rottura del mio omero in almeno due, molto presumibilmente più, pezzi flaccidamente uniti.
Il braccio di cui abbiamo discusso fino ad ora, vedete, è il mio.
Non è un astratto braccio filosofico. L'osso, la pelle, i peli, la piccola cicatrice sulla punta del gomito vinta sull'angolo del termosifone della scuola elementare Gateshill - appartengono tutti a me. E questo è il momento in cui devo considerare la possibilità che l'uomo in piedi alle mie spalle, che stringe il mio polso e lo guida su lungo la schiena con un grado quasi sensuale di accuratezza, mi odi. Intendo, mi odi davvero davvero. Ci sta mettendo una vita.
La traduzione imperfetta è la mia. L'originale suona bene, ve lo garantisco. Non basterebbe questo a invogliarvi a saperne di più? A me è bastato e mi ha regalato un paio di risate e qualche considerazione più o meno seria su svariate verità che l'autore ci infila dentro.

Mi scoccia fare la parte di quella che apprezza sempre le letture in cui si imbatte, ma anche questa volta mi sono divertita. E bravo Dr House!


martedì 7 gennaio 2014

M' colleague



Lo so, sono in ritardo. Perdonate, ma ci si è messo di mezzo un trasloco e siamo un po' sottosopra. : )

Ma non tergiversiamo, andiamo avanti con i comici.

Il romanzo The stars' tennis balls di Stephen Fry è dedicato ad un certo M' colleague. Eccolo qui, questo M' colleague:



Insieme hanno iniziato la loro carriera sui banchi dell'università nel Cambridge University Footlights Dramatic Club (e con loro c'era anche Emma Thompson), poi hanno lavorato insieme in TV nella commedia Fry and Laurie, sono stati autori e attori di A Bit of Fry & Laurie e sono stati Jeeves e Wooster in Jeeves and Wooster, una situation comedy che trae spunto dai personaggi del perfetto maggiordomo tuttofare e del nobilotto che fa il... nobilotto nullafacente.  

Insomma, una lunga e proficua collaborazione di menti - comiche - ispirate. Ma non solo semplici comici, perché entrambi hanno avuto anche divagazioni di altro genere. Di Fry ho già detto quali siano stati i suoi trascorsi. Di Hugh Laurie, questo il nome nome dell'altro M' colleague, dirò che si dedica anche alla musica (l'ultimo album si intitola Didn't It Rain ed è uscito pochi mesi fa) e anche a ruoli in film e serie Tv un pochino più conosciuti e niente affatto comici.

Lo avete riconosciuto?

Hugh Laurie, 1990
Dr House























venerdì 3 gennaio 2014

Le palle da tennis delle stelle



Ormai sono mesi che ho finito Montecristo, eppure non riesco ancora a staccarmene del tutto. Che volete, mi ci sono affezionata al buon Edmond Dantès, tanto che lo inseguo anche nelle immagini riflesse che di tanto in tanto autori più o meno noti si divertono ad evocare.

Uno di questi riflessi è Ned Maddstone (anagramma di Edmond Dantès), protagonista de The stars' tennis balls di Stephen Fry (in Usa: Revenge), pubblicato nel 2000.

Forse, prima di continuare col romanzo, sarebbe meglio presentare il suo scrittore. In Inghilterra è straconosciuto, ma anche in giro per il mondo direi. Io lo ricordo particolarmente in Wilde (1997) nel ruolo di Oscar Wilde stesso (vi ricordate? Vi compare  anche un giovane Jude Law) o in quello del presentatore in V per Vendetta (2005), e ultimamente anche per la voce che presta al narratore di Pocoyo.




Bella, magnetica, dalla pronuncia pura e suadente: io mi incanto più delle mie bambine davanti al cartone, solo per ascoltare il suo perfetto inglese. Non a caso ha anche prestato la voce alla narrazione degli audiobooks di titoli famosi come quelli di Harry Potter. Ma prima di tutto Stephen Fry è un comico.

Tra le varie altre cose, Stephen Fry ha scritto qualche libro. Per lo più il suo stile è, appunto, comico, ma The stars' tennis balls è un'altra cosa: piccolo omaggio al più celebre Conte di Montecristo, è un riadattamento del romanzo di Dumas ai giorni nostri. Certo, in esso non manca il suo umorismo prettamente inglese. Tanto per citarne una: i nomi dei personaggi sono per lo più anagrammi dei veri. Edmond Dantès diventa Ned Maddstone, Danglar
Stephen Fry
diventa Barson-Garland, e Mercedes... beh, lei è la vena comica che non riesce a starsene buona e che guizza tra le righe. Ed infatti diventa Portia, diminutivo (usato solo due volte, tanto per strizzare l'occhiolino al lettore e ridacchiare sotto i baffi dell'arguzia) diventa Porsch.
Mercedes - Porsch.
E scusate se lo sottolineo.

Ma a parte questi giochini su cui io gongolo come una bambina, devo ammettere che Fry mi ha stupita. Non credevo, prima di tutto, che fosse così piacevole. Forse anche la natura del suo esperimento, ricreare un Montecristo moderno, mi ha intrigata non poco.

Alcune diversità sostanziali ci sono, naturalmente. Ad esempio, il gusto moderno si impone e così c'è un po' più violenza bruta anche raccapricciante se vogliamo, un po' meno arzigogolii nella trama e i personaggi vengono ridotti di numero. Ma anche i caratteri dei personaggi vengono modificati. Soprattutto Ned Maddstone...

Già, Ned si trova nella posizione di Edmond, ma non è Edmond. È giovane come Edmond, ma lo è negli anni '80 del XX secolo, un adolescente ingenuotto che si ritrova in un turbinio di eventi imprevedibili. Vuoi mettere un 18enne dell'800 e uno del tardo 900? Uno è un uomo, l'altro un bambino. E questo macchia naturalmente anche l'evoluzione del carattere di personaggi simili posti in situazioni uguali o quasi.
Mentre Dantès, negli anni della reclusione, coltiva la vendetta e diventa un freddo strumento di riequilibrio delle sfighe distribuite dai suoi simili, Ned coltiva vendetta, certo, ma anche un filino di pazzia e non dimostra mai, o solo superficialmente, un desiderio di giustizia superiore, perché il suo è più un bisogno di riprendersi ciò che sarebbe dovuto spettargli.

Non vorrei dire troppo, ho paura di rovinare a qualcuno una lettura piacevole. Aggiungo solo che per certi versi Ned ricorda più il Picaud di Peuchet che non il Dantès di Dumas.

Il romanzo forse potrebbe essere giudicato squilibrato rispetto al vero Conte di Montecristo. Si vede che Fry è rimasto particolarmente affascinato dall'evoluzione di una psicologia giovane fatta a pezzi da una prigionia ingiusta. Evoluzione davvero ben tracciata. La parte dedicata alla vendetta vera e propria viene trattata, invece, senza troppi ghirigori, ma non per questo la caratterizzazione degli altri personaggi risulta meno accurata.

L'ultima cosa, proprio l'ultima.

Mentre leggevo, non potevo far a meno di dare un volto a questo Ned Maddstone e, a giudicare da alcuni dettagli sparsi, mi sono divertita a pensare che anche Stephen Fry se lo immaginasse come me lo immagino io: come il suo collega di vecchia data Hugh Laurie. Ma di lui e della loro collaborazione parleremo nel prossimo post, se vi va. Per ora vi ho tediato abbastanza.