domenica 29 settembre 2013

Stacchetto caffettiero


"Ma che cosa avete fatto ieri sera dopo avermi lasciato?"
"Sono stato al caffè Tortoni, dove, come m'aspettavo, ho trovato Beauchamp e Chateau-Renaud, vi confesso che li cercavo."
Risponde Morell alla domanda di Montecristo.

Il caffè Tortoni?

Cafè Tortoni


Cafè Tortoni, anni 1870

Il caffè Tortoni era un caffè parigino tra boulevard des Italiens e rue Taitbout, molto in voga nell'800. Lo frequentavano assiduamente personaggi come George Sand, Manet, Bismark. I proprietari erano gelatai di origine italiana e per tutto il secolo hanno allietato il palato della società parigina con la varietà dei loro gusti. Il caffè Tortoni si trovava in una posizione strategica, tra Teatro dell'opera e la Borsa, ma ha anche avuto un bel da fare per aggiudicarsi il primato tra i caffè parigini. Basti pensare che vicini di bottega erano da una parte il Cafè de Paris e dall'altra l'Hardy.


Chez Tortoni. Edouard Manet.















Se vi vien voglia di passarci adesso, vi avverto che probabilmente resterete delusi: al posto dello storico Caffè vi ritroverete davanti la sede della banca BNP Paribas.




venerdì 27 settembre 2013

Il diamante e la vendetta




Ogni promessa è un debito. Ed ecco qui la storia completa di François Picaud.

Prima di iniziare, però, vi avverto. La storia che state per leggere è leggermente diversa da quella che trovate su Wikipedia alla voce Picaud. Da parte mia posso solo dire che ho l'originale sott'occhio e che riassumo direttamente dalla storia riportata nel quinto volume delle Mémoires tirés des archives de la police de Paris.
 
Il Forte di Fenestrelle oggi.

La storia, come si è capito, riguarda un certo François Picaud, originario di Nimes, ma stabilitosi a Parigi come ciabattino. Anche lui si doveva sposare con una ragazza amata (e benestante!) e anche lui si ritrova ad invitare a nozze i suoi tre amici. Anche lui viene tradito da questi amici, viene denunciato e siccome le congiunzioni astrali facevano in modo che sembrasse quello che non era (un cospiratore al soldo degli inglesi), viene portato al Forte di Finestrelle e rinchiuso di gran carriera. Qui, egli assiste con dedizione un ricco ecclesiastico milanese e questi, in letto di morte, lo proclama suo erede non solo spirituale, ma anche legale, visto che i suoi parenti non si erano dati affatto il minimo disturbo per liberarlo. Mentre il Conte di Dumas possiede una fortuna illimitata (Dumas dice addirittura 100 milioni!), Picaud ne ha una un poco più limitata, ma non sta male nemmeno lui con i suoi 7 milioni. In più, il suo ecclesiastico gli ha insegnato come far fruttare il gruzzolo e Picaud non resta di certo con le mani in mano.

Quando viene infine liberato per un cambio di poteri (imprigionato nel 1807 sotto Napoleone, verrà liberato nel 1814, con la restaurazine di Luigi XVIII), la prima cosa che fa dopo essersi appropriato del gruzzolo è di tornare a casa sotto mentite spoglie e far di tutto per capire: come era stato possibile imprigionarlo senza motivo?

Il forte di Fenestrelle. Incisione del 1845
Come Edmond Dantès, anche Picaud rintraccia uno dei suoi amici, un certo Vallut, e travestitosi da abate arriva fino a Nimes per raccontargli di Picaud e del suo lascito che consiste in un bellissimo diamante. Come l’abate Busoni del Conte, anche questo abate, chiamato Baldini, riesce a tirar fuori la storia del "complotto" dei suoi amici. Vallut denuncia con qualche esitazione i suoi ex-compagni e per ricompensa incassa il premio, vende la pietra preziosa e uccide per cupidigia il gioielliere. Inutile dire che finisce dritto dritto in prigione. 


Picaud, intanto, torna a Parigi sotto mentite spoglie. Aveva già appreso che il principale traditore, un certo Loupian, aveva sposato dopo due anni di cordoglio la sua promessa (Mercedes ne aveva aspettati uno e mezzo) e che con la sua dote aveva aperto un bel caffé, uno dei più eleganti di Parigi.

A questo punto, una dama si presenta al caffé di Loupian e raccomanda al proprietario un uomo non più giovane, che ha passato tanti guai a causa della restaurazione, ma che vorrebbe essere assunto come limonadier (ragazzo di sala). Perché Loupian accetti, gli viene persino rimesso un compenso mensile di cento franchi all’insaputa del “ragazzo”. Come non accettare?

E da qui iniziano i guai seri. Uno dei tre amici viene ritrovato morto pugnalato sul ponte delle Arti, il pugnale ancora in corpo e sul manico una scritta enigmatica: Numero uno.
La mala sorte non disdegna neanche il cane di Loupian e il pappagallino della sua signora, morti per avvelenamento, stessa sorte che tocca all’altro amico rimasto dei tre. E anche qui, viene ritrovato uno strano biglietto con su scritto: Numero 2.

Ma i guai di Loupian non finiscono mai. Il suo caffé brucia, suo figlio maggiore, avuto da una relazione precedente, viene arrestato per furto e condannato a 20 anni di prigione (indovinate chi ci ha messo lo zampino?) e la figlia, promessa in nozze ad un rispettabile signore che tanto rispettabile non era visto che ne aveva già approfittato, viene abbandonata la sera delle nozze per poi scoprire che il gentiluomo era in verità un evaso. Sebbene i figli non fossero suoi, la moglie di Loupian muore di dolore e Loupian rimane povero, con l’unica consolazione della figlia e del limonadier che non li aveva mai abbandonati nella sventura. Anzi, adesso che la disfatta è completa e i due non hanno più un franco, è proprio lui, il lemonadier che si propone come sostentatore di padre e figlia, a patto però che la figlia gli offra i suoi favori.

Infine, Loupian, abbattuto da tutte queste disgrazie, vaga intontito, quasi pazzo, per le strade di una Parigi deserta e qui, non pago, il vendicatore si accanisce sul suo carnefice e lo uccide con un colpo di pugnale.

Ristorante all'aperto a Parigi. Godefroy-Durand, 1858.
Ma non finisce qui!

Proprio nel momento in cui Picaud uccide Loupian, una figura misteriosa lo incappuccia e lo trascina via in una caverna segreta. Qui, con lo stesso metodo con cui i banditi romani volevano spillare a Danglar il suo ultimo milione, il carceriere cerca di appropriarsi del patrimonio di Picaud. E chi è questo carceriere misterioso ? Vi ricordate Allut, alias Caderousse ? Già, proprio lui! Fuggito dal carcere e venuto a sapere tutta la storia di Picaud (non rivelerà mai come), era tornato per impedirgli di portare a termine i suoi piani, ma raggiuntolo troppo tardi, non poteva far altro se non rubargli la ricchezza. Ma Picaud non è Danglar, non cede alla fame e Allut, in un gesto di rabbia, lo uccide e lo lascia là, nella grotta misteriosa.
  
Solo in punto di morte Allut narrerà tutta la storia al suo confessore che per correttezza manda una relazione alla Polizia Parigina.

Altro che romanzo! 

 

mercoledì 25 settembre 2013

Alle origini


È difficile trovare un inizio convincente, uno di quelli che invogliano a restare incollati alla pagina e leggere fino in fondo.
Cosa si può dire ancora sul Conte di Montecristo?

Sorvoliamo sulla trama. Tutti sanno che si parla di tesori, vendette e resurrezioni. 
Forse vale la pena di ricordare la data di pubblicazione, quello sì: 1844. 
Forse bisognerebbe anche aggiungere che il romanzo è stato più o meno liberamente tratto da una storia vera, capitata qualche anno prima. 

Vi ho sorpresi? 

Ebbene sì, un Edmond Dantès è realmente esistito.

Che Dumas trovasse ispirazione scavando in fatti e personaggi realmente accaduti e vissuti, anche se spesso talmente oscuri che a mala pena si ricordano, questo è un fatto risaputo. Ma mentre risulta semplice rintracciare le origini di romanzi come La regina Margot o de I tre moschettieri, quelle del Conte di Montecristo sono un pochino meno note, forse anche meno importanti, ma non per questo totalmente di fantasia. 

Ce le racconta un certo Jacques Peuchet (1758-1830), archivista della polizia di Parigi. Ecco, non immaginatevi il solito tipo in maniche di camicia, occhialetti tondi e penna sull'orecchio.  Peuchet non è il prototipo del modesto impiegato. Durante la sua carriera è stato avvocato, ha collaborato al Dictionnaire de Commerce e all' Encyclopédie méthodique, è stato collaboratore della rivista Moniteur universel, è persino stato direttore del ministero della polizia, ma le vicende alterne degli anni della rivoluzione prima e dell'impero poi lo hanno un po' eclissato, senza tuttavia levarlo di mezzo. Tanto che poi è diventato l'addetto agli archivi della prefettura della polizia. E tra scaffali e documenti, Peuchet raccoglie aneddoti, disegna caratteri di personaggi importanti, ma anche sconosciuti, di un'epoca che da Luigi XIV arriva agli anni della Restaurazione. Li riordina tutti in un'opera in sei volumi pubblicata postuma nel 1838: Mémoires tirés des archives de la police de Paris, pour servir à l'histoire de la morale et de la police, depuis Louis XIV jusqu'à nos jours.

Le Memoires di Peuchet acquisirono un enorme valore all'indomani del 1871, nel periodo della Comune, quando un incendio distrusse gli archivi della polizia di Parigi, mandando in fumo una considerevole parte di documentazione di cui solo grazie alle Memoires è rimasta traccia. Ma, diciamolo, le Memoires non sono preziose solo per lo storico. Non hanno minor valore per noi, lettori curiosi e ammaliati dal Conte, poiché molte sono le storie, gli spunti e i personaggi in questi scritti che stuzzicarono la vena artistica di Dumas ed entrano nel romanzo in parte ritrasformati, in parte fedelmente riprodotti.

La police est le gouffre où tout va s'engloutir… Elle tient registre de tout, vices, crimes, mauvaises actions, turpitude, héroïsme, bienfaisance, générosité, mystifications , espiègleries.
 
"La polizia è un abisso in cui tutto viene inghiottito -  afferma Peuchet, - Essa tiene registro di tutto, vizi, crimini, cattive azioni, turpitudini, eroismi, atti buoni, generosità, mistificazioni, spionaggi."

E tra tutti questi documenti che raccolgono le bassezze e le miserie umane si trovano anche una serie di note ufficiali, estratti, atti d’accusa che, ordinati ben bene, raccontano una storia vera o, come lo chiama Peuchet, un aneddoto contemporaneo che lui intitola Il diamante e la vendetta.

La storia ha per protagonista François Picaud, ciabattino a Parigi. Di lui Peuchet riferisce che era un bel giovane innamorato di una giovane di pari età, ma di condizione economica più agiata. I due stavano per sposarsi e Picaud, nel pieno del suo entusiasmo, comunica la lieta notizia ai suoi tre amici per poi invitarli alle nozze e salutarli così, ignaro dello scherzetto che i tre gli organizzeranno da lì a poco.

E come il nostro Picaud, anche io vi saluto per oggi. La prossima volta, prometto, avrete tutta la storia.


           


lunedì 23 settembre 2013

Tutto nacque per caso…



… o meglio, per colpa di un lettore e-book avuto in regalo. Con che cosa si riempie un lettore e-book nuovo nuovo appena ricevuto?

Ma certo, con un Il castello d’Otranto di Horace Walpole! E siccome questo romanzetto gotico non riempie la pancia del geniale oggetto, vi si è subito aggiunto un bel Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas. Entrambi erano stati già letti taaaanti anni fa. Il primo, devo ammetterlo, senza ricavarne altro gusto che quello di ritrovarmi fra le mani il capostipite di un genere che mi ha sempre attratto: il romanzo gotico. 

 
Il secondo, invece, fu amore a prima lettura e da lì partì la mia scoperta di Dumas. Ed è proprio da lì, dal Conte, che anche oggi ricomincio a perdermi nel labirinto di una storia letteraria spesso poco conosciuta, un percorso lastricato di ritrovamenti casuali, aneddoti, curiosità, e che non di rado si dirama verso altri generi. 



Mi divertirò a percorrere sentieri poco calpestati e a riordinare le mie “scoperte” qui, in questo piccolo spazio che spero di riuscire a mantenere sempre vivo, come sempre viva spero rimanga la mia curiosità.
E come non augurarmi che questo gioco non diverta anche altri, oltre che me stessa?